Numero #063 – Sui prototipi 21/11/2022
In questo numero parliamo di prototipi e della loro efficace come strumento di collaborazione. Una frase attribuita ai tipi di IDEO recita: «se un’immagine vale più di mille parole, un prototipo vale più di mille meeting».
Se la prima parte della frase, quelle relativa alle immagini, potrebbe essere opinabile (ne abbiamo parlato qui), la seconda spiega bene cosa sono i prototipi.
Una comunicazione di servizio: se siete a Catania il 2 dicembre fate un salto presso lo studio Paradigma. Ci sarà il primo incontro in presenza organizzato dalla community Friends of Figma. Io e Riccardo Breccia parleremo di tool di design. La partecipazione è gratuita ma i posti sono limitati, quindi è meglio registrarsi.
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Sui prototipi
Quando si descrive il processo di design di un sito1 o di un’app, si cita quasi sempre per ultimo il prototipo. La necessità di sintetizzare induce a pensare che il prototipo sia una delle fasi finali del processo.
Il prototipo è invece uno strumento utilissimo fin dalle prime fasi. Fin dall’inizio rende tangibili idee astratte. Inoltre, il prototipo è il modo migliore per far avanzare un progetto, perché stimola la collaborazione e la discussione. Fin quando non c’è qualcosa di tangibile il progetto ha tante versioni quante le persone coinvolte. Ognuno avrà nella sua testa la sua versione di homepage, di login, di scheda prodotto, di dashboard, di blu o di rosso. E pensare a un bottone rosso è diverso dal vederlo2.
Breve storia
Il prototipo non nasce con i computer e i software. Pensate a quelli di Leonardo Da Vinci o a tutti i prototipi dei fratelli Wright che hanno portato alla realizzazione di una “macchina volante”3. Con l’avvento dei personal computer per tutti (agli inizi degli anni ’80) è nata l’esigenza di progettare software utilizzabili per utenti che non fossero solo ingegneri informatici. Proprio in quegli anni è nata la disciplina dello Human Interaction Design e hanno cominciato a prendere forma due metodologie di prototipazione: (1) la prototipazione usa e getta; (2) la prototipazione evolutiva4.
Con la prototipazione usa e getta si realizzano prototipi di piccole porzioni di un sistema più complesso, in modo da poter essere valutato e testato. È un approccio pensato per affrontare problemi specifici.
Con lo sviluppo di strumenti di progettazione sempre più avanzati è venuta fuori un’altra metodologia, quella del prototipo evolutivo, dove lo stesso prototipo si evolve attraverso un processo di test iterativi. Il prototipo subisce continue modifiche e aggiunte che permettono poi di arrivare al prodotto finale.
Il prototipo usa e getta oggi è integrato nel prototipo evolutivo. Quest’ultimo è utilizzato per lavorare funzioni importanti e complesse, oppure all’intero prodotto. Quello uso e getta è utilizzato soprattutto per i primi concept o per validare un interesse verso una funzione, che bisognerà poi prototipare più a fondo.
Cos’è un prototipo
Il prototipo è una simulazione di quello che sarà il sito web (o l’app) che stiamo progettando. Non solo mostra la struttura, le interazioni e le relazioni tra le varie schermate, ma diventa lo strumento per capire come muoversi, se è il caso di proseguire sulla strada tracciata o andare in un’altra direzione.
Con un prototipo, fin dalle prime fasi, riusciamo a far emergere eventuali problematiche e gli sforzi tecnici che bisognerà affrontare nella fase di sviluppo.
Immagino avrete già notato che le persone sembrano saperne di più quando cercate di dire (o proponete) qualcosa, che non quando gli chiedete di fare qualcosa. Un articolo del designer Dan Mall, dal titolo It’s Easier to Revise than Create, parla proprio di questa situazione. È difficile ottenere un’idea o una riposta davvero utile quando si chiede tipo: “ma come dovremmo progettarla”, “ma come dovrebbe funzionare”. Tutti invece hanno un’opinione forte quando devono criticare o valutare quanto fatto. Nell’articolo, Mall cita la “teoria McDonald”, descritta da un altro designer, Jon Bell. Quando con i colleghi bisogna decidere dove andare a pranzo e nessuno ha idee, Bell propone McDonald. Tutte le volte succede una cosa interessante, nessuno vuole andarci e, come per magia, emergono suggerimenti migliori.
È come se avessimo rotto il ghiaccio con la peggiore idea possibile, e ora che la discussione è iniziata, le persone diventano improvvisamente molto creative. La chiamo la teoria di McDonald: le persone sono ispirate a inventare buone idee per scongiurare quelle cattive.
Che vi piaccia o meno McDonald, la morale è che anche il peggiore dei prototipi permette di fare avanzamenti significativi.
Come scrive Steven Johnson in un suo libro dedicato al come prendere le decisioni:
Le simulazioni ci fanno prendere decisioni migliori perché ci danno modo di prevedere meglio gli eventi futuri, anche quando il sistema che stiamo cercando di modellizzare contiene migliaia o milioni di variabili5.
Prototipazione e iPhone
Nel suo libro Creative Selection, Ken Kocienda uno dei principali sviluppatori e designer del primo iPhone, racconta di quanto le demo, e i prototipi, siano stati fondamentali per far avanzare quello che chiamavano il Purple Project. Ogni ragionamento su un qualche nuova funzione partiva da una demo. Una demo, che per essere utile, doveva esser concreta e specifica.
Leggendo Kocienda viene fuori la sensazione che l’iPhone sia stato il prodotto di una serie infinita di piccoli prototipi, realizzati per ogni piccola funziona. La selezione creativa del titolo è il nome che Kocienda ha dato alla sequenza demo > feedback > next demo.
Lavorando in questo modo hanno capito che prima prendevano decisioni creative, più tempo avevano per perfezionare e migliorare quelle decisioni. Tornando indietro se necessario, o andando avanti6.
Realizzare una successione di demo è stato il fulcro del processo per portare un’idea dall’intangibile al tangibile.
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Qualsiasi tipo di sito web. Delle tipologie di siti web abbiamo parlato in passato nei numeri #059, #060 e #061 ↩︎
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Scriveva Josef Albers in Interazioni del colore: «Se qualcuno dice “rosso” davanti a cinquanta persone in ascolto, è prevedibile che ciascuno interpreti il colore a suo modo e che questi cinquanta rossi siano molti diversi tra loro. I colori si presentano in flusso continuo, in costante relazione con il contesto.» ↩︎
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Darren Bennett, Prototyping: the mother of invention ↩︎
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Ibid. ↩︎
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Steven Johnson, La moglie di Darwin, Il Margine, 2021 ↩︎
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Ken Kocienda, Creative Selection: Inside Apple’s Design Process During the Golden Age of Steve Jobs, Pac Macmillan, 2018 ↩︎
Backstage Talks →
Una rivista di saggi e interviste su come il design può cambiare il business, nata per raccontare il “dietro le quinte” della conferenza By Design.
L’ultimo numero, il sesto, è dedicato alla curiosità. Tra gli intervistati ci sono Giorgia Lupi, Kenya Hara e Stefan Sagmeister.
Dropbox →
Dopo le recenti acquisizioni, Dropbox ha rivisto l’identità dei suoi servizi con l’aiuto dello studio Play.
Phospor →
Un utile set da 1000 e passa icone, disponibili in sei pesi. È un progetto open-source con plugin per Figma e Sketch.
L’Italia e l’AGI →
Il catalogo della mostra dell’AGI tenuta a Trieste, con biografie e lavori dei 25 membri italiani presenti, pubblicato da Corraini.
Metodo →
Metodo è un carattere tipografico progettato da Davide Tomatis per la fonderia svizzera Optimo.
Il progetto di Tomatis si ispira ai caratteri tipografici tedeschi dell’inizio del 20° secolo come il Neue Moderne Grotesk. Carattere tipografico poi presente, con nomi diversi, nei cataloghi di diverse fonderie e usato da Jan Tschichold per la prima edizione di Die Neue Typographie, pubblicato nel 1928.
È disponibile in cinque pesi (da light ad heavy) con relativo corsivo.