Il disagio tecnologico è un libro di Alan Cooper del 1998. Parla di design, programmazione, software e tecnologia. La prima parte parla di come il software sia entrato nella vita delle persone (all’epoca). La seconda e la terza di come i software siano progettati male, per una cattiva gestione e organizzazione del flusso di lavoro. La quarta parte mostra i vantaggi dell’Interaction Design. La quinta, del processo di lavoro che possa permettere di creare software migliori.
Se vi occupate di design di software, che oggi chiamiamo “prodotti e servizi digitali”, troverete molti spunti interessanti in questo libro di 22 anni fa.
Scrive Cooper:
Prima che l’era digitale ci mettesse di fronte al concetto di attrito cognitivo, il design era per lo più un fatto estetico, e l’opinione di una persona sulla qualità di un certo di progetto valeva quella di chiunque altro. L’attrito cognitivo è una conseguenza dell’interazione e l’interazione è necessaria solo in funzione del raggiungimento di uno scopo. Vista da questa prospettiva, la natura del design cambia parecchio. Anche se l’importanza della componente estetica non viene sminuita, passa in secondo piano di fronte alla pressante necessità dell’utente di raggiungere i suoi obiettivi. Questo significa che ora, contrariamente a quanto accadeva prima, la qualità del design non è più questione di opinione, ma di analisi sistematica. In altre parole, alla luce degli obiettivi di un utente, possiamo capire direttamente quale tipo di design sia più adatto per un certo scopo, a prescindere dalle opinioni altrui o dalle qualità estetiche. “Una buon design dell’interazione” ha senso solo a condizione che una persona lo usi veramente per un suo scopo.
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- 16/06/2020
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- Interaction Design