#073 — Il buon design è ovvio 16/12/2024

In questo numero, che potrebbe essere l’ultimo del 2024, si parla di un libro pubblicato per la prima volta nel 2000.

Nei prossimi giorni riprendo la versione giornaliera, come l’anno scorso.

Prima del breve articolo, tre segnalazioni:

  1. Sta per partire su Medium una rubrica sul design scritta da designer. L’ha messa su Andrea Cau, si chiama Articolo Minuto. Segnatevela.
  2. Sulla rivista IO01 Umanesimo Tecnologico (la rivista dell’Accademia di Belle Arti di Brescia) c’è un mio articolo su immagini, foto stock e intelligenze artificiali. Per leggerlo, seguite quest’altro link.
  3. Ho trasferito sul sito di Dispenser la raccolta di monospaziati, cominciata anni fa. Raccolta che prima o poi potrei riprendere.

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Il buon design è ovvio

Nel primo capitolo di Don’t make me think1 Steve Krug scrive che un sito web (o un’app mobile) funziona se non ci fa pensare.

Quel “non farmi pensare” non riguarda l’intrattenimento (di piattaforme social o streaming vario) o il “non farmi pensare che vado di fretta”. Riguarda l’interazione con una cosa ovvia, autoesplicativa. Scrive Krug:

Dovrei poterla “afferrare” – cos’è e come usarla – senza alcuno sforzo e quasi senza pensarci.

Il design funziona quando appare ovvio. O meglio, quando chi ci interagisce lo percepisce come naturale e intuitivo, senza chiedersi cosa fare o dove cliccare. Luke Wroblewski diceva, obvious always wins.

Quando il design si concentra sulle esigenze e le aspettative dell’utente, rendendo l’esperienza semplice e diretta, appare “ovvio”. Non solo: appare quasi come l’unica soluzione possibile.

Maggiore è lo sforzo richiesto per capire cosa fare quello che ho di fronte, peggiore è il design. Migliore è il design, minore sarà il tempo che gli utenti passeranno a pensare a come funziona.

Per raggiungere quel livello di semplicità e “ovvietà” è necessario comprendere a fondo il problema, l’utente e il contesto. È necessario chiedersi “cosa stiamo cercando di migliorare” e “per chi lo stiamo facendo”.

Non chiudo specificando che con ovvio non s’intende banale o scontato, ma riportando una riflessione di Paul Rand degli anni ‘40 del Novecento: «is not good design if it is irrelevant». Non chiudo neanche specificando che ovvio non significa semplice. Cito ancora Paul Rand: «simplicity is not the goal. It is the by-product of a good idea and modest expectations.»


  1. La prima edizione di Don’t make me think è del 2000. L’ultima, tradotta in Italia da Tecniche Nuove è del 2014. ↩︎


Social →

Social è un carattere tipografico della fonderia Dinamo, realizzato da più persone. È un grotesque amichevole e fluido, che si distingue dagli altri grotesque più strutturati della fonderia svizzera.

Per descrivere Social, scrivono sul sito: «La dinamica s e la a a doppio livello ci stanno particolarmente a cuore. E la g potrebbe diventare il carattere più amato o odiato». (A me piace e stavo già pensando di usarlo per il mio sito personale, dove c’è comunque un’altra bella g, dal mio punto di vista).

Social è pensato per un uso versatile, funzionando sia per progetti display che per testi più lunghi. Le sue tre varianti di punteggiatura (squadrata, arrotondata e angolata) offrono maggiori possibilità di personalizzazione.

È disponibile in più versioni (oltre la versione “normale”): condensed, extended e mono, ciascuna con 8 pesi e relative versioni corsive.