Numero 071 – Copiare 01/07/2024

Copiare può essere essere ingannevole, ma anche istruttivo, stimolante e innovativo.


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Copiare

Nello scorso numero abbiamo scritto di quanto sia utile copiare il design di qualcun altro, per migliorare il proprio. Copiando un pezzo di design si è costretti a rifare ogni singola scelta compiuta dal designer che l’ha realizzata: dalla selezione dei font, alle dimensioni, alla disposizione degli elementi, fino alla scelta delle immagini e delle decorazioni. In questo modo riusciamo a immergerci nelle decisioni progettuali, comprendendo meglio logiche e approcci.

In riferimento all’argomento abbiamo anche citato Van Gogh e la sua passione per i dipinti giapponesi. Li collezionava, li studiava, li ricopiava. Un’attività che finì per influenzare molto i suoi lavori, definendo il suo stile1.

Quando leggiamo (o sentiamo) la parola copiare inevitabilmente facciamo associazioni negative. Pensiamo sia sbagliato, in ogni caso. Sapere che un dipinto è una copia dell’originale ci fa sentire truffati. Scoprire che una certa cosa era già stata fatta prima ce la fa considerare meno interessante. Anche se non è stata copiata volutamente la consideriamo meno originale. Spesso consideriamo la novità interessante e originale, a prescindere.

Kenneth Goldsmith2 racconta, in uno dei suoi libri, che durante il suo corso di scrittura presso l’università della Pennsylvania, vieta qualsiasi manifestazione di originalità. «Al contrario erano premiati il plagio, il furto d’identità, il riutilizzo di vecchi paper, il patchwriting, il campionamento, il saccheggio e l’appropriazione indebita»3. Goldsmith scrive anche che in ogni caso è impossibile sopprimere l’espressione di sé. Le scelte che facciamo influenzano il risultato finale, la copia non è mai identica all’originale.

Chris Butler, in un post sul suo blog, racconta una conversazione avuta con sua figlia riguardo alla natura dell’arte e della copia. La bambina aveva chiesto se un’opera poteva essere considerata arte se non era una propria idea originale. Butler ha risposto che lo era, spiegando che tutta l’arte è, in qualche modo, una copia di qualcosa. Che sia un paesaggio, una persona o un’emozione, gli artisti reinterpretano ciò che vedono attraverso la loro prospettiva unica, trasformandolo in qualcosa di nuovo e personale.

Occidente e Oriente hanno due diverse idee di creatività. In Occidente l’atto creativo è associato alla creazione. Nella cultura orientale – soprattutto nei paesi che si rifanno alla filosofia di Confucio, come la Cina – è legato alla scoperta.

L’atto creativo, perciò, non è un atto di invenzione, ma di scoperta. Il modo cinese è la creatio in situ, la creazione in un contesto4.

In un lungo e interessante articolo sul copiare, il designer Matthew Strom esplora meglio la questione. «In Cina, esistono vari concetti di copia, ognuno con un significato diverso. I “Fangzhipin” sono copie che differiscono visibilmente dall’originale, come i souvenir. I “Fuzhipin” sono riproduzioni esatte, spesso altrettanto preziose quanto gli originali»5. C’è anche il termine “shanzhai”, un neologismo recente. In inglese viene tradotta con fake, ma in realtà ha una connotazione meno negativa, è una copia giocosa e creativa.

Strom fa un parallelo tra il concetto di shanzhai e la pratica occidentale del redesign non richiesto. Un redesign non richiesto è un esercizio in cui un designer reimmagina un sito web o un’applicazione esistente, mostrando come potrebbe essere migliorata. Questo tipo di lavoro, che varia da semplici modifiche estetiche a studi dettagliati di user experience, è un modo per i designer di mostrare le loro capacità e di ottenere visibilità6.

Idee e invenzioni

Di sicuro avrete letto o sentito la frase “i bravi artisti copiano. I grandi artisti rubano”. Steve Jobs, negli anni ’90 l’attribuì a Pablo Picasso, ma in realtà non è certa. (Il blog Quote Investigator qualche anno fa ha provato a fare qualche ricerca in merito.)

Nel primo numero di questa newsletter si parlava di idee e di invenzioni. Si parlava poi nello specifico dell’invenzione del mouse, da Engelbart a Steve Jobs.

Il giornalista Malcom Gladwell, in un articolo per il New Yorker, ne ripercorre la storia, partendo dall’inizio, tra leggenda e realtà. Alla fine degli anni ’70 un giovane, ma già noto, Steve Jobs andò a fare visita allo Xerox Parc. La Apple era già considerata una delle aziende più interessanti degli Stati Uniti; la Xerox voleva acquistare delle azioni di Apple e Steve Jobs acconsentì a patto di poter visitare lo Xerox Parc. Jobs vide il mouse e lo “copiò” per il Macintosh che avrebbero poi rilasciato nel 1984.

In realtà Steve Jobs, e il team di Apple, più che copiare, avevano evoluto quel concetto.

Il costo di fabbricazione del mouse di Xerox, all’epoca, era di 300 dollari e si rompeva dopo due settimane. Steve Jobs voleva realizzare un mouse con un costo di fabbricazione di 15 dollari che si potesse usare sui jeans.

Le idee sono lente e molto spesso sono una ricombinazione di altre. Un esempio è l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg. Un tipico esempio di innovazione combinatoria.

Gli elementi che hanno reso l’invenzione di Gutenberg tanto rivoluzionaria — gli stampi mobili, l’inchiostro, la carta e il torchio stesso — erano già stati “inventati” prima che Gutenberg stampasse la sua prima Bibbia. Cinesi e coreani avevano inventato gli stampi mobili quattro secoli primi.

Come scrive Johnson nel suo libro Dove nascono le grandi idee:

Il genio di Gutenberg, tuttavia, risiedeva non tanto nel concepimento di una tecnologia completamente nuova dal nulla, quanto nella capacità di prendere a prestito una tecnologia matura da un campo completamente diverso, e utilizzarla per risolvere un problema in tutt’altro ambito.


Quando ho cominciato a scrivere questo articolo sul copiare, mi sono reso conto quasi subito di aver intrapreso un percorso scivoloso. Rileggendo le prime bozze ho avuto la sensazione di non essere riuscito calibrare bene i pro e contro. Non sono sicuro di esserci riuscito neanche in questa versione che vi sto condividendo.

Copiare può essere ingannevole e inefficace, se usato in maniera disonesta. Tuttavia, come abbiamo visto, può essere anche istruttivo e stimolante. In alcuni casi può essere innovativo: riprendere ed evolvere il lavoro di un’altra persona, per creare qualcos’altro. Il mondo delle invenzioni è pieno di storie del genere. In altri casi, può aiutare a essere più creativi.


  1. Inspiration from Japan, Museo Van Gogh ↩︎

  2. Scrittore, artista e docente. In Italia sono stati tradotti due suoi libri, uno da Nero Edizioni: * CTRL+C, CTRL+V*; uno da Einaudi: Perdere tempo su internet ↩︎

  3. Kenneth Goldsmith, CRTL+C, CTRL+V, Nero, Roma, 2019 ↩︎

  4. Eric Weiner, La geografia del genio, Bompiani, Milano, 2016 ↩︎

  5. Matthew Strom, Copying ↩︎

  6. Vi segnalo un esempio recente, molto interessante. Il redesign dei totem di McDonald di Riccardo Breccia. ↩︎


Fazer →

Frazer è un carattere tipografico della fonderia australiana Family Type, con sede a Sydney.

Prende ispirazione dai grotesque classici, aggiungendo distintive ink trap e curve esagerate.

Può funzionare sia per i titoli, viste le aperture strette e la spaziatura ridotta, che per il testo lungo, viste le proporzioni, le forme e l’altezza della x.

Frazer è disponibile in 9 pesi, con relativo corsivo.